Il palazzo baronale si estendeva dalla platea delli venti all’abitazione della famiglia Riccio; al palazzo erano annesse le prigioni, la corte baronale e il frantoio. La platea la lavata (il termine lavata indicava una presa d’acqua pubblica) era in passato la piazza principale del paese; in questa piazza furono esposte le teste dei fratelli Riccio durante i moti del 1828.
La strada che unisce Capocardile e Piedicardile si dirama in varie direzioni, dando origine ad un’intricata serie di passaggi con volta in pietra che conducono nelle abitazioni e negli orti attigui (“Lo Vaglio“, “L’Orto di Gallo“, “Lo Pizzo di Fusco” e “L’Arco della Chiesa“). Tutte le case del centro storico furono costruite su archi con volta a tutto sesto, in quanto la natura rocciosa del terreno e il dislivello altimetrico consentiva di costruire le abitazioni senza fondazioni, poggiandole direttamente sulla roccia sedimentaria. Inoltre, la posizione degli ingressi orientati verso la strada principale (interna al paese) costituiva un mezzo di difesa alternativo alle mura di cinta. Questo metodo di costruzione, che raggruppava le abitazioni nelle immediate vicinanze della chiesa e del palazzo baronale, oltre a rendere molto difficile l’accesso al paese una volta chiuse le vie principali, consentiva anche un notevole risparmio di materiali da costruzione. Ancora oggi è possibile vedere sulla facciata di alcune case le cosiddette “saiettere” (feritoie) che servivano come estrema difesa dagli attacchi esterni.
(fonte: Archivio di Stato di Salerno).