L’altare nella visita pastorale del 1736 veniva descritto di appartenenza all’Università di Cardile, di cui era beneficiario don Giuseppe Riccio, arciprete di Cardile, come da bolla del 1721. A favore dell’altare vi era un legato di Angela De magistro della Terra di S. Theodoro; altro legato era stato lasciato a devozione di Sant’Antonio da Francesco Riccio con un capitale di 30 ducati. I beni dell’altare venivano amministrati dal Parroco Rocco Auricchio, a cui era affidata anche l’amministrazione del Monte frumentario. I monti frumentari, anticamente, erano considerati alla stregua di una banca in natura. I contadini potevano prendere a prestito il grano presso la parrocchia e il tomolo preso a raso nel recipiente veniva restituito al Monte frumentario dopo la battitura del grano con il recipiente stesso riempito a colmo, che rappresentava una forma di interesse per il grano preso a prestito.
Per tale funzione il parroco percepiva uno stipendio.
Sull’altare, all’interno di una nicchia, era collocata una statua lignea di Sant’Antonio da Padova. La statua di recente restaurata ha una fattura barocca e dovrebbe risalire al seicento. Il suo recente restauro ha permesso di notare come in origine la statua era rivestita di colore marrone, il quale colore richiama l’abito dei francescani, mentre in precedenza la statua era rivestita di un colore nero, a testimoniare la prima appartenenza del santo alla famiglia agostiniana.