Lo scorso 15 febbraio 2018 si è svolta la 4^ lezione di don Angelo sulla “Fratellanza”
Riprendiamo gli incontri che hanno come argomento centrale “alla ricerca dei fratelli” con la storia di Giuseppe, tradito e abbandonato, che va alla ricerca poi dei fratelli. Questi fratelli erano numerosi e avevano un padre: Giacobbe. Quindi, se si va alla ricerca dei fratelli significa che c’è anche la ricerca e la riscoperta del padre. Quindi oggi pomeriggio andremo alla riscoperta del padre. Si dice in un fioretto di San Francesco, quei raccontini che vennero subito messi per iscritto per ricordare a livello popolare la figura del Santo, che un suo frate, Fra’ Masseo, lancia una sfida a San Francesco per vedere chi era più capace a dire “Padre Nostro”. “Allora metteremo un sassolino ogni qualvolta diremo “Padre Nostro””. Francesco accettò. La mattina seguente arrivò Fra’ Masseo e portò una ciotola piena di sassolini; Francesco lo guardò meravigliato e disse: “Ma come hai fatto? Io ho un solo sassolino perché quando ho cominciato a dire “Padre” era così bello e dolce dire “Padre” che mi sono fermato. Noi pensiamo che la Quaresima è la moltiplicazione delle preghiere. No! E’ dire la preghiera. Essere veri, autentici davanti a Dio, scoprire una relazione con Dio. Questo è quello che scopre San Francesco: la presenza del Padre. Il Vangelo parla anche di questo in una celeberrima parabola, chiamata del “Padre misericordioso” e la leggiamo: “Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E’ tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»”.
Ad un certo punto il figlio maggiore dice “questo tuo figlio”, come il padre dice molto spesso nel quotidiano alla madre: “Tuo figlio”, appartiene a Te, non è più fratello. Oramai c’è una situazione che tutti dichiarano, tutti gli analisti della società dichiarano la scomparsa del padre. E’ la conseguenza di decine di anni in cui si è distrutta la figura del padre. Nel 1968 quando incominciò la contestazione prima a Parigi, la contestazione era contro l’autorità, sui muri di Parigi c’era scritto: “l’immaginazione al potere”, bisognava sentirsi liberi e quindi in tutte le Università si scioperava contro l’autorità e la prima autorità contro cui protestare era il padre, bisognava sentirsi liberi. Un professore che insegna oggi a Milano al San Raffaele, nel 1968 era studente, ascoltò un suo professore Lacan, docente di psicologia, che scandalizzò gli studenti perché diceva: “Non potete immaginare i danni che state facendo in questo momento, quando voi distruggete l’autorità del padre”. Uno psicologo avrebbe dovuto favorire le richieste degli studenti. Se il padre oggi è scomparso è perché nel tempo si è evoluta una presa di mira nei confronti della figura del padre come autorità. Se torniamo alla parabola si dice che il padre è morto perché il figlio ha chiesto di dividere il patrimonio. La morte del padre simbolicamente è rappresentata dalla richiesta della divisione del patrimonio. Non è forse vero che i figli dicono ai genitori “dammi” perché mi devo comprare una maglia firmata Gucci perché tutti ce l’hanno. Dammi i soldi perché devo comprare l’ultimo telefonino e passi e li vedi che non Ti danno retta perché piegati sul telefonino. Questo è un processo che è andato alla deriva per molti anni. Ma il padre della parabola cosa fa’ quando c’è la richiesta del figlio sul patrimonio. Il padre non lo trattiene. Il Padre lo fa’ partire. Qui c’è una considerazione molto importante e preziosa da fare. La madre è colei che da’ la vita, il padre è colui che rende possibile la vita nel futuro. La madre è possessiva, lo vorrebbe sempre legato a sé. Il padre rende possibile questo distacco dal cordone ombelicale. Se è un padre vero, lui rende il figlio libero verso un domani. Quando c’è veramente la figura del padre, questo garantisce il figlio, gli copre le spalle per il suo cammino futuro. Ti sono vicino perché tu faccia il tuo cammino. Il padre della parabola avrebbe potuto impedire al figlio di partire. Nonostante tutto ha fiducia in lui. Il compito del padre dovrebbe essere questo. Notate bene che il riferimento del padre del vangelo è quello di Dio padre, quando consente al figlio e non proibisce. Il sogno di Dio Padre è quello che il figlio possa sviluppare il suo sogno, senza legare. Lui vorrebbe che il figlio facesse veramente ciò per cui è chiamato, altrimenti se noi pensiamo ad un Dio che vuole tutti sottomessi avremmo un padre legato all’autoritarismo, che comanda e non un padre legato all’autorità. Poi tornando alla parabola, i soldi finiscono e sono costretto a tornare dal padre, a fare lo schiavo. Voi forse pensate che era tornato perché pentito? No! Perché aveva fame. Il padre lo vedeva morto. Il figlio maggiore si scaglia contro il padre perché il figlio che aveva sperperato tutto con le prostitute non dovesse ricevere un trattamento buono con il vitello grasso e la festa. Sapete che concetto abbiamo di Dio in questi casi? Che Dio punisca, mentre Dio, da Padre, punisce la trasgressione con il perdono. Uno si aspetterebbe che facesse la ramanzina, che chiedesse perdono e poi Dio mi viene incontro. Dio Ti punisce con il perdono. Tu pensi che vieni in Chiesa per essere perdonato, mentre Dio Ti ha già perdonato. Un padre vero deve punire gli errori del figlio con il perdono. Se non sa fare questo non è un vero padre. Colui che è capace di abbracciare il figlio perduto è vero padre, un padre se è padre abbraccia suo figlio che ha sbagliato. Ripeto qui c’è un doppio registro, quello del padre e quello di Dio Padre, perché non è solo un Padre che dice la regola; un padre deve saper dire anche di no: non devi tornare dopo mezzanotte; ma deve essere capace anche di abbracciare suo figlio. La parabola dice che c’è un vizio peggiore: la scena cambia quando inquadra il figlio maggiore, sempre fedele al padre. Tuo figlio che ha dilapidato il patrimonio con le prostitute gli fai festa. Qui c’è un rischio maggiore di sbagliare: il non vivere. C’è un modo peggiore di essere figlio, quello di vivere in famiglia come schiavo, non vivere, non si sentiva figlio. Questo è rimasto in casa, ma non ha mai vissuto. C’è un modo peggiore di chi ha sbagliato, cioè di vivere come un peso: vado a scuola è un peso, vado a lavorare e ci vado come un peso, lavo i piatti è un peso. Questo non garantisce nulla, quando si vive come un peso davanti alla vita. Allora il padre vorrebbe dire “Tu sei mio figlio, tutto quello che è mio è tuo; non te ne sei accorto?”. Non si sentiva figlio perché non riconosceva il padre. Ecco perché dicevo all’inizio con Francesco è una cosa bella quando dice “ho un Padre”. Puoi dire mille volte il Padre Nostro, ma non Ti accorgi che hai un Padre e Tu sei figlio. Nella mitologia classica Sofocle ha scritto la tragedia “Edipo Re”, in cui si parla della morte del padre, perché Edipo uccide il padre non sapendolo. Una veggente predice che un giorno Edipo ucciderà il padre e sposerà la madre. Per questo il padre lo manderà molto lontano a morire; invece non muore, torna, fa una lotta e uccide il padre, sposando poi la madre. Anche in questa cultura c’è la morte di un padre 5 secoli prima di Cristo. Ma ciò che intendo sottolineare è che quando Edipo viene scoperto quale parricida e incestuoso, la conseguenza è la punizione: fuggiasco e vagabondo diventerà cieco. Questa è la grande differenza: il Dio pagano condanna il figlio che ha fatto queste cose orribili; mentre il Dio cristiano abbraccia il figlio che si è smarrito e lo perdona. Quando hai paura di Dio, hai paura del Dio pagano; ma non hai ancora accolto e apprezzato la novità del vangelo, cioè la rivelazione di Dio nel figlio, Gesù Cristo, che ha consegnato a Noi. Se hai paura della punizione di Dio in quel momento confondi il Dio di Gesù Cristo con il Dio pagano. Per i Greci era normalissimo. Agli occhi di Gesù il padre è diverso. Ecco perché è dolce il Padre che scopre San Francesco. Questa è la riscoperta del Padre. Dio è padre perché ha cura dei suoi figli, che non punisce, ma che lascia spazio di vita, fa festa. Fare festa, non punire. Dice il salmo: il peccato è alle spalle, non lo vedo più, non c’è più. Bisogna guardare avanti, non al passato. Dobbiamo imparare a dire Padre, se vogliamo dare un senso alla Nostra vita e guardare al futuro.
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